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Europa Report: la fantascienza hard torna sugli schermi cinematografici

La fantascienza cinematografica e quella letteraria sembrano percorrere strade opposte. Se la seconda è in perenne crisi, la prima è invece sempre più spesso fonte d’ispirazione per i registi. Sovente la sci-fi porta il marchio di Hollywood, ma non è sempre così. Certe eccezioni non solo sono allo stesso livello di qualità delle pellicole hollywoodiane. Alcune produzioni indipendenti si potrebbero giudicare addirittura superiori.
Europa Report è un film indipendente del 2013 diretto da Sebastián Cordero che rientra proprio in questa categoria. La storia narra la prima missione spaziale con uomini a bordo diretta verso Europa, quarto satellite naturale del pianeta Giove. Lo scopo del team internazionale di astronauti è scoprire se su Europa esistono forme di vita aliene. Alcuni imprevisti trasformeranno però la missione in un incubo claustrofobico.
La bravura degli attori (fra cui Sharito Copley che abbiamo già avuto modo di apprezzare in District 9), l’ottima fotografia e il talento di Cordero rendono questo film un must watch per tutti gli amanti del genere. Segue il trailer.

Ieri sera ho visto Inception

e finalmente posso gioire. Un film così surclassa addirittura il primo Matrix; è una gioia per la mente, per le suggestioni, per il senso del meraviglioso a cui ognuno di noi anela. Ho letto in giro per la Rete le varie recensioni, quasi tutte entusiastiche, alla pellicola di Nolan ma nessuna, nessuna, mi pare abbia ravvisato ciò che andrò a esporre – brevemente – qui sotto.

Sarà che in questo periodo sono molto sensibile al discorso, ma a me pare che Inception debba esser letto sotto l’ottica dell’Onironautica, ovvero la capacità di navigare nei propri sogni con cognizione, avvalendosi del sogno lucido che altro non è che un’introspezione nel mondo onirico ovvero in un altro aspetto della realtà, dove vengono mostrate cose normalmente non visibili o solamente percepibili al livello delle sensazioni interiori.
Nell’Onironautica un fattore di controllo della realtà è dato dalla presenza tatile di un totem, ovvero di un oggetto che sia in grado di dare la tangibilità della realtà che si sta vivendo, sia nel mondo usuale che nel mondo onirico. Quindi, il totem assicura solo il controllo sulla realtà che si sta vivendo, non garantisce qual è la vera realtà: teniamo ben presente questo concetto.
Nel film esiste il livello del “reale”, poi il primo sogno (ovvero il primo livello, paragonabile all’Onironautica), poi il secondo sogno originato dal primo (ovvero il livello dello sciamano, che è garantito dalla eccellente capacità di muoversi a piacimento e a comando nel media originato dall’Onironautica); poi si scende ancora, nel terzo livello, ovvero nel terzo sogno che è originato dal secondo (scatole cinesi, quindi, e il terzo livello dà accesso al mondo occulto in senso lato, dà accesso alla constatazione di innumerevoli altre realtà diverse e lontane dalla nostra, constatazione dimostrata dal fatto che lo scenario ha abbandonata la psiche di Cobb e si è passati nel dominio psichico di Fischer). Addirittura, posso postulare il quarto livello di interpretazione del film, ovvero la constatazione che in un punto ancor più lontano dalla nostra realtà ci si renda conto che la realtà non esiste, proprio perché lì vive ancora la moglie di Cobb mentre nella realtà usuale lei è morta, suicida, ricercando un’eternità lontana dal corporeo – per questo capace di “bucare” ogni materializzazione, ogni tempo – che è stata instillata dal marito, il quale le ha impiantato un’idea (un meme?) il cui “kernel” è dato dal totem, ritenuto erroneamente depositario del simulacro di realtà.
L’inganno è qui: come dicevo prima, il totem indica il controllo sulla realtà in oggetto, non sulla realtà che noi riteniamo la principale. Si confondono le realtà, quindi, diventano tutte vere laggiù, nei bassifondi dell’etereo; lì si diviene coscienti che ciò che conta è l’energia e, quindi, ogni cosa materiale si dissolve, mostra la verosimile natura delle cose, ovvero il nulla tangibile. Ed ecco, infatti, che alla fine della risalita di Cobb dal quarto livello al “reale”, il totem continua a girare sul tavolo. Ma il contesto familiare in cui Cobb si muove – la tanto agognata riunione con i figli e col quadretto familiare quasi idilliaco – appare tutt’altro che definitivo, sembra troppo ideale e qui, Nolan, innesta il suo meme in noi, facendoci mettere in dubbio la sostanza della realtà. Proprio come in un sogno lucido.

Il Tandem Strugatski/Tarkovskij

Oggi, 19 anni fa, moriva Arkadij, il maggiore dei fratelli Strugatski (o Strugatsky, Strugatskiy, Strugatskii, denuncio una mancanza di standard nella traslitterazione, facciamo così: Стругацкий). Celebri fratelli terribili della science-fiction russa ma anche mondiale, molte delle loro opere sono state pubblicate in Italia (c’è stata anche una collana dedicata esclusivamente alla fantascienza russa: altri tempi!), ma il loro momento di successo è corrisposto con l’uscita nelle sale cinematografiche di un capolavoro di Andrej Arsen’evič Tarkovskij (Tarkovsky, Тарковский o come volete), ovvero Stalker, nel 1979.
Questo film sui generis (alla fine classificato d’autore più che di fantascienza) è tratto da Pic nic sul ciglio della strada, romanzo dei fratelli Strugatski, uscito nel 1972.
Soggetto (e concetto) principale del romanzo (e del film) sono le “Zone”, luoghi visitati nel passato da alieni in cui le tracce vanno molto al di là di semplici manufatti: infatti in queste zone avvengono cose al limite delle leggi fisiche. Ma la cosa che attrae un po’ tutti è il fatto al loro interno si trovano delle sfere (o delle stanze, nel film) che “esaudiscono tutti i desideri”.
Ovviamente le Zone sono isolate dai militari perché “pericolose”, ma esiste un modo illegale per entrarvi: delle guide chiamate appunto Stalker.
Ora, non è mia intenzione raccontare la trama, mi serviva soltanto un accenno. La mia riflessione vorrebbe indagare il complicato rapporto tra opera letteraria e cinematografica. Lasciando da parte le libere interpretazioni (perché secondo me non trattasi di vere trasposizioni), paradossalmente il cinema sembra soffrire di alcuni svantaggi rispetto al libro. Vengono meno certe riflessioni dei personaggi, alcuni concetti vengono semplificati a vantaggio dell’azione, i finali troppo spesso seguono dei cliches, così come le vicende e i personaggi stessi. Ci sono alcune eccezioni (basta citare Blade Runner), ma in questi casi il regista sopperisce le riflessioni e i concetti così bene sviscerati nel romanzo grazie all’atmosfera e a un certo comportamento dei personaggi (il caso di Blade Runner è emblematico, la versione Director’s Cut che manca della voce del narratore, risulta di maggiore impatto, come dire che un escamotage cinematografico risulta inutile e questo perché le immagini sono più esplicative).
Che dire del binomio Pic nic sul ciglio della strada/Stalker? Abbiamo da un lato un romanzo conosciuto, ma non capillarmente come dovrebbe, dall’altro un film, almeno tra gli amanti del cinema d’autore, celeberrimo. In effetti, la pellicola aggiunge alcuni aspetti che nel libro non ci sono o sono solo accennati, la “Zona” sembra più qualcosa di interiore che alieno, e il concetto faustiano del desiderio è più in evidenza. Il finale è aperto e diverso dal libro, sembra che la figlia di uno dei personaggi abbia acquisito poteri paranormali e, in generale, l’atmosfera è greve e la suspense è il sentimento predominante.
Nonostante tutto, la “sospensione” tanto desiderata (e decisamente ottenuta da Tarkovskij) rischia di sfociare in una vaghezza indefinita e nel libro i concetti sono tutti molto più chiari. Ecco che si profila uno dei tanti casi in cui uno non è meglio dell’altro, ma bisognerebbe vederli in rigoroso ordine (primo romanzo, poi film), e apprezzare appieno il tandem delle due opere, un nuovo aspetto che non appartiene esclusivamente all’uno o all’altro, ma a entrambi.
ps: Boris (il fratello minore) è ancora vivo!