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Più crudeltà, meno psicofarmaci

Oggi, 4 marzo, 63 anni fa moriva Antonin Artaud, in un ospedale per malattrie mentali, imbottito di Chloral.
E val bene la pena, anzi la “crudeltà”, di spendere alcune parole sul grande commediografo francese, creatore del “Teatro della crudeltà” (manifesto scritto nel 1932).
E Artaud lo merita almeno per due motivi: primo, per aver formulato teorie sul teatro e sulla parola, che sintetizzano concetti antichi e moderni, e aprono nuova luce sulla letteratura, la poesia e il teatro; luce che permette oggi di avere ancora un’arte valida, piena di pathos, di emozione vera (di crudeltà, appunto), di un’arte che si avvicina al “panta rei” del divenire della vita umana. La reazione al positivismo da un lato, e al dogmatismo religioso dall’altro, dà nuova vitalità all’arte, e l’oscurità e l’esoterismo non rappresentano più soltanto il maligno, ma un mondo di esperienze magiche. Dice Artaud: “Le parole, oltre che nel senso logico, saranno usate anche in senso incantatorio, veramente magico, non soltanto cioè per il loro significato, ma anche per la forma e per le loro emanazioni sensibili”. E ancora: “Le idee che ho le invento soffrendole io stesso, passo passo, io scrivo soltanto ciò che ho sofferto punto per punto in tutto il mio corpo, quello che ho scritto l’ho sempre trovato attraverso tormenti dell’anima e del corpo”. Due temi anticipatori dell’arte novecentesca (la parola come suono e il corpo come oggetto d’arte).
Ma non dimentichiamo il secondo motivo per cui vale ricordare questo immenso artista: nel 1937 Antonin Artaud viene arrestato, gli viene messa una camicia di forza e viene rinchiuso in diverse cliniche, dove sperimenta cinquantuno cadute in coma da elettroshock.
Non finiremo mai di raccontare le crudeltà, queste sì, maligne, della pseudosienza medica dell’Ottocento e metà Novecento. Ancora oggi, si parla di questa tecnica che “ottiene alcuni risultati utili”, che ha cattiva fama perché “qualcuno ne ha abusato” e se ne parla male in film e libri (Wikipedia)!
Secondo noi, ogni singola seduta di elettroshock è un abuso del corpo umano come della mente, perché, anche se vi fossero stati miglioramenti, non vengono considerati gli effetti collaterali fortemente dannosi della tecnica.
Ma anziché parlare dei sostenitori di questa tecnica, che credo e spero siano in via di estinzione, vorrei aprire una polemica sulle tecniche che oggi sotituiscono l’elettroshock: gli psicofarmaci. Antidepressivi, ansiolitici, ipnotici, sonniferi. La nostra idea è che ancora oggi che la medicina non ha il controllo completo degli effetti e dell’uso di questi farmaci; l’approccio è ancora troppo empirico, cioè si valutano solo gli effetti desiderati, sottovalutando quelli collaterali e le cause della malattia che dev’essere curata. In questo caso, ci rendiamo conto, esistono casi per cui questi farmaci hanno effetti benigni e che curano la malattia, ma pensiamo siano molto meno di quanto la medicina crede (o fa credere), quindi denunciamo con forza il grande abuso in quantità (e in qualità) di psicofarmaci, che oggi i medici prescrivono come fossero caramelle.