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Sessione speciale di Lukha B. Kremo | VERDE RIVISTA

Su VerdeRivista è possibile leggere un racconto di Lukha B. Kremo, il nostro editore che ha recentemente vinto il Premio Urania; occasione ghiotta per conoscerlo, quindi, posto il fatto che ci sia ancora in giro qualcuno nell’ambito del Fantastico italiano che non lo conosca… Di seguito, l’incipit:

Voglio condividere questa cosa con voi, una cosa che è più di una storia erotica.
Dico “condividere” perché è una parola abusata, e l’abuso ha sempre un suo fascino.
Condivido con voi il desiderio irrefrenabile di sperimentare, soprattutto misurare i limiti fisici. E andare a vedere là dove il corpo non può più, è esausto, esanime, vinto, questa è sempre una curiosità intrigante.
Quando ho scoperto quello che mi scaturiva il desiderio più insolente, non mi ero nemmeno accorto di che natura fosse. Nasceva in me come un demonietto assetato, ma l’avevo scambiato per uno sfizio, un gusto particolare, una botta di fantasia. Non sapevo nemmeno avesse un nome.
Con il tempo, mi sono accorto che la mia vita stava cambiando, che le mie giornate erano dettate da quella che si chiama ossessione. Nelle pause m’informavo su internet, la sera cercavo i luoghi, di notte la praticavo.
Ossessione sì, ma io non avevo ancora capito che si trattasse di qualcosa di più oscuro, enigmatico, e soprattutto che rientrasse nella sfera sessuale.

Se vi racconto che da piccolo mi piaceva giocare al dottore vi viene da ridere perché probabilmente piaceva a tutti. Avere la scusa per toccare un po’ qua e là il corpo di un’altra o un altro, o meglio, sdraiarsi e farsi toccare a piacimento. Ecco, è questo il punto, distendersi e lasciare il proprio corpo in balia del tocco. Una cosa che piace a tutti, ma poi quando si diventa grandi si scopre qualcosa di meglio, si va dritti al punto, si trovano posizioni strane, vestiti bizzarri, materiali stuzzicanti e situazioni imbarazzanti.
Oppure si continua, come me. Si cerca un ragazzo o una ragazza che faccia il dottore e ci si lascia curare. Io ho trovato questa dottoressa che fa degli interventi eccezionali. Insomma, anch’io non sono più un bambino, e non mi basta più “giocare al dottore”. Siamo grandi e facciamo le cose sul serio.

Silla e l’Alieno | Fantascienza.com

Su Fantascienza.com un racconto breve di Davide Del Popolo Riolo, vincitore del Premio Odissea e del Premio Kipple 2015, autore dello splendido romanzo Non ci sono dei oltre il tempo che mette l’accento fantascientifico sul passato antico di Roma, quegli antichi Romani che tornano anche nel romanzo L’impero restaurato, vincitore del Premio Urania 2014 e appartenente al ciclo dell’Impero Connettivo. Roma come una mantra che detta il futuro dal passato.

Da leggere qui. Silla e l’Alieno.

Il ritorno di Robin Furman, l’uomo che parlò con Pazuzu (1) – Carmilla on line ®

Su CarmillaOnLine, a firma di Danilo Arona, un bell’articolo che mostra il contenuto di un capitolo de L’ombra del dio alato, saggio che lo stesso Danilo ha dedicato a Pazuzu, il demone mesopotamico che ha attraversato tutte le ere dell’umanità.

Vi consigliamo caldamente la lettura del post carmilliano, dà un’idea parecchio precisa di uno dei tanti argomenti occulti e connettivisti (nel senso di connessione tra tutte le culture, scienze e suggestioni) contenuti nell’importante saggio di Arona. Un piccolo assaggio del post qui sotto, dopo i dati riepilogativi della pubblicazione:

Danilo Arona, L’ombra del dio alato
Prefazione di Mauro D’Angelo,
Kipple Officina Libraria
Collana eXoth — Formato ePub e Mobi — Pag. 265 — 3.99€
ISBN 978-88-98953-02-8

Psicologo nonché psichiatra, allora sulla quarantina, Furman era stato interpellato al telefono da un uomo che sosteneva che la moglie era “posseduta”. La donna nottetempo si dimenava sul letto come in preda alle convulsioni, urlava in preda al terrore e rovesciava gli occhi. Furman, in compagnia di due giovani, Janice e Andrew (medici con specializzazione in psicologia che erano pure fidanzati), si recò all’abitazione del richiedente aiuto, una lussuosa villa alla periferia di Grimsby. L’uomo, barbuto, agitato e sudato, si chiamava Tom e condusse il terzetto attraverso corridoi che ostentavano discreta ricchezza ma pure equilibrio e razionalità. La coppia, Tom e Hilary, non aveva bambini.

Dirigendosi verso la camera da letto, Tom spiegò a Furman che i disturbi di Hilary erano in atto da un po’ di tempo. Sulle prime ambedue si era sperato in qualcosa di passeggero, alla stregua di un virus influenzale. Ma Hilary peggiorava vistosamente e più di una volta aveva agito come in preda a una trance. Nel timore che la moglie finisse rinchiusa in qualche istituto, Tom aveva preferito attendere. E soprattutto proporre il caso a persone più qualificate dei medici ufficiali per capire i risvolti di quel caso fuori dagli schemi.

Nella stanza da letto Furman aveva scoperto una graziosa donna tra i trentacinque e i quarant’anni, in camicia da notte, distesa sulla schiena e intenta a guardare il soffitto con aria assente, per nulla sollecitata dalle presenze del marito e del team di medici.

Furman si presentò con tono cordiale e la reazione di Hilary fu un bel Vaffanculo, stronzo. Io sto benissimo!, eruttato con voce roca e aliena che il marito disconosceva con angoscia. A tutti i presenti tornò alla mente L’esorcista di William Friedkin. Nessuno ancora poteva immaginare che quel film non era affatto estraneo agli eventi.

Furman attaccò il registratore. Prassi quasi d’obbligo in casi del genere. A seguire quel che vi restò inciso:

– Avanti, Hilary, qual è il problema?

– Io non sono Hilary! (voce quasi maschile)

– Chi sei allora?

– Vaffanculo, testa di cazzo. Io sono chi sono. Tu comunque hai la possibilità di scoprirlo.”

– Posso scoprirlo? Ho il tuo permesso?

La donna allora prese a contorcersi nel letto, alzando la camicia da notte e brontolando un mare di oscenità:

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La Voce dell’Ossido Parte I | ilcantooscuro

La pubblicazione a puntate di un testo teatrale di Alessio Brugnoli, che leghi il Premio Kipple 2011 Il canto oscuro a il Premio Kipple 2014, Lithica, è una ghiotta occasione da leggere. Sul blog di Alessio la prima parte:

Capitolo I

Amo i dirigibili, il loro essere lievi, sopra le nuvole. Mi donano l’illusione di essere libero, lontano dalla fuliggine che avvelena Roma, nascondendo le forme di chiese e palazzi.  Lontano dal rumore incessante dei computatori, che coprono ogni conversazione: un canto oscuro, ipnotico, che entra nella mente, rendendoci simili a ingranaggi e agli automi con cui gli imbonitori affascinano la plebe, nei giorni del mercato di Piazza Navona. Mi viene da sorridere: una volta avevo dedicato ai computatori la mia vita. Ora li sfuggo, come se fossero araldi di morte. Guardo l’orizzonte, sognando di essere un falco. Comincio a tossire e la realtà riprende il sopravvento. Il ticchettio di passi; dalla loro voce, riconosco Francesca. Mi porge un fazzoletto, tutte trine e merletti, con agli angoli ricamata un aquila scaccata, come quella che domina in ogni angolo di questa aeronave, stemma della famiglia Conti.

“Tieni, ciuco”

Lo premo sulla mia bocca, sporcandolo di sangue.

“Mi dispiace…”

Lei mi sorride, dandomi due pacche sulla schiena.

“Marco, si laverà…  E’ stato fatto per essere usato, mica per ingombrare”

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Alan Moore legge un capitolo dal suo romanzo Jerusalem

Alan Moore è uno degli autori contemporanei più importanti e controversi. Ha saputo infatti rivoluzionare il mondo del fumetto, grazie ad alcuni graphic novel diventati ormai classici del genere come Watchmen e V for Vendetta. Ma il talento artistico di Moore non si limita ai fumetti. Infatti di recente ha terminato Jerusalem, che col suo milione di parole si colloca fra uno dei romanzi più lunghi mai scritti. Quella che segue è la lettura di uno dei capitoli del romanzo, che aspetta ancora di trovare un editore disposto a pubblicarlo. A leggere l’estratto è l’autore stesso.