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Dalla preistoria alle stelle, l’arte oltre i confini del tempo: intervista all’artista Marzio Mereggia

IMG-20150808-WA0004Ciao Marzio, è un piacere averti ospite qui fra le pagine virtuali di Kipple Officina Libraria. Prima di tutto, per chi non ti conoscesse ancora, ti andrebbe di presentarti illustrandoci il tuo percorso artistico?

Ciao Roberto, è per me un grande piacere essere ospite di Kipple Officina Libraria.

Il mio percorso artistico vero e proprio è iniziato nel 2009, nel settembre successivo all’esame di maturità, quando ho partecipato ad un corso/concorso sulla Paleoarte a Roma, che raccoglieva giovani appassionati di tutta Italia, con l’interesse comune per la preistoria e i dinosauri. In questo evento partecipò anche il paleoartista Fabio Pastori.

Riuscii a vincere il concorso con mia grande soddisfazione, e con le amicizie fatte in quell’esperienza entusiasmante sono riuscito a conoscere meglio il mondo “paleo artistico” italiano. Ho partecipato anche alla seconda edizione tenutasi in Portogallo l’anno successivo, nella località paleontologica di Lourinha, sempre con il medesimo gruppo di appassionati.

Questo mi ha introdotto sempre meglio nel settore, così da poter esporre nell’anno 2010 al Museo Capellini di Bologna, e nel 2011 al Comune di Trissino (Veneto) e all’Università Unical di Cosenza.

Sempre nel 2011, ho provato l’esperienza di uno stand al Romics, con il mio amico Sante Mazzei, ideatore e organizzatore degli eventi paleo artistici già citati.

DSC_0018Con l’entrata nell’Accademia di Belle Arti di Roma, alla fine di quell’anno, mi avvicinai all’Arte universale, studiando la storia dell’arte, le tecniche, e aprendo la mente verso ciò che ha edificato la “nostra” cultura millenaria. Impegnandomi con grande passione e interesse, ho partecipato a diverse mostre, tra le quali “Oltre il buio”, in omaggio a Carlo Levi, inaugurata alla Casa della Memoria e della Storia nel 2012; al workshop “Zeichnen von Comics”, tenutosi all’ambasciata d’Austria nel marzo 2013; alla mostra “L’Accademia Disegna”, svoltasi ai Musei Capitolini nell’aprile dello stesso anno, ed infine alle mostre omaggio “Sulle tracce di Ingres” presso Galleria Porta Latina, nel 2014, e “Nel cerchio di Moreau” presso Spazio 23, sempre nello stesso anno.

Proseguendo tra impegni collaterali e studio accademico, ho raggiunto il traguardo di Laurea nell’aprile 2016 con la tesi “L’Arte nella Fantascienza – Creatori di esseri e di mondi”, che mi ha consentito di addentrarmi ancor meglio nello studio della science fiction, dove prima c’era solo una grande passione.

Recentemente ho esposto diverse mie opere a “La rassegna degli scrittori emergenti Estiva”, tenutasi a Roma nei primi di luglio, organizzata dalla blogger Eleonora Marsella.

1031Quali sono stati i più grandi maestri da cui trai ispirazione?

Sono sempre stato attratto dal cinema fin dall’infanzia, con i suoi soggetti animati e le atmosfere iconiche. Mi ispiravo, dapprima, alla preistoria con i dinosauri dei film di Spielberg e le illustrazioni in bianco e nero di Steve White, poi ho conosciuto le ambientazioni fantasy e fantascientifiche nell’adolescenza.

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Sei davvero un artista? Le 7 domande di Roger Ballen per scoprirlo

Roger Ballen, fotografo di fama internazionale, ha seguito un percorso particolare. Ha iniziato come documentarista, esplorando gli angoli più inquietanti del Sud Africa, per poi cambiare completamente rotta e avventurarsi in un altro genere di esplorazione, quella psicologica. Le sue foto, facilmente riconoscibili in quanto grottesche, ricche di simboli e spunti irrazionali, portano alla luce gli aspetti più oscuri della mente umana. Nel brevissimo video che vi proponiamo, pubblicato sul canale YouTube COOPH, Ballen si pone la domanda: cosa fa la differenza fra una foto e un’opera d’arte? Buona visione!

 

 

Corpi e geometrie urbane: la perfezione dei difetti. Intervista al fotografo Emanuele Bavetti

014Ciao Emanuele e benvenuto sul blog di Kipple Officina Libraria. Oggi parleremo insieme a te di fotografia. Prima di tutto ti andrebbe di raccontarci cosa ti ha spinto ad abbracciare quest’arte?

Ciao Roberto! Prima di tutto grazie per l’ospitalità e l’opportunità che mi date e poi un saluto ai lettori di Kipple.
Sono un po’ a disagio a parlare di me, di solito sto dietro l’obiettivo e cerco di raccontare quello che i miei occhi vedono. Immaginerò di farmi un autoritratto seguendo le tue domande come linee guida.
La fotografia come arte; direi una bugia se rispondessi che ho da sempre reputato la fotografia arte, per arrivare a questa affermazione ne è passata di acqua sotto i ponti. Ho avuto un ottimo esempio da mio padre appassionato di fotografia da sempre. Ho vissuto la fotografia analogica nel suo massimo splendore, ho avuto la fortuna di avere tra i famigliari altri appassionati.
Ma la foto era vista più come un ricordo, un modo per mettere su carta le emozioni e le memorie di un’esperienza che potevamo poi rivivere sfogliando gli album. La vivevo più come magia che come arte, anche se forse l’arte stessa è un po’ magica.
La mia prima macchina era una kodak a rullino. Non ricordo quando me la regalarono, ma so che la usai davvero tantissimo. Poi mio padre mi passò la sua Olympus OM10, la mia prima reflex che tengo ancora e ogni tanto uso anche se il tempo si è fatto sentire e non è più così precisa come una volta.
La fotografia come arte ho iniziato a capirla, anche se alle volte non riesco a comprenderla, da quando mi sono avvicinato alla fotografia digitale. Ha reso tutto più facile, permettendo di sperimentare di più a costi davvero irrisori, in termini di stampa, non certo in termini di attrezzature.
Fatto sta che devo dire grazie a mio padre se mi sono avvicinato al mondo della fotografia e ho da poco scoperto che anche mia madre, da giovane, possedeva e scattava fotografie.

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Come nascono i tuoi scatti?

I miei scatti nascono ancora dall’esigenza di catturare un attimo, un’emozione; per farla mia e poi trasmetterla a chi guarderà la foto. Per questo ho spesso la macchina con me, ma ci sono volte che passeggio per la mia città e non la tiro mai fuori lasciandomi indifferente.
Seguo molto l’istinto e spesso anche l’umore del momento.
Ci sono dietro anche dei progetti, come quello su me stesso iniziato due anni fa e poi un po’ perso, ma che presto terminerò; una serie di autoscatti sulle mie imperfezioni.

Quali fotografi hanno influenzato maggiormente il tuo stile?

Una domanda difficile questa, Roberto. Difficile perché non credo che le mie foto si ispirino a qualcuno dei grandi della fotografia. Diciamo che mi hanno dato una mano a capire che la fotografia è un’arte; mi ispiro a loro nel mezzo, non nei risultati.
Trovare un proprio stile e metodo in un mondo così vasto e variegato non è facile, tenendo conto della diffusione nel mondo di dispositivi che possono catturare un’immagine la cosa diventa ancora più ardua. Se devo scegliere tra i tanti direi: Henry Cartier-Bresson, William Klein, Salgado, Steve McCurry, Vivian Maier. Ma sono a decine quelli che apprezzo anche solo per uno scatto, alle volte non guardo nemmeno chi ha fatto la foto, ma mi incanto davanti a essa come davanti a un quadro.
E’ tutta questione di occhio e di pazienza e tanta progettazione unita a una buona dose di istinto.
Alle volte poi non basta essere al posto giusto nel momento giusto, se non si è capaci di vedere la fotografia che abbiamo già davanti agli occhi.

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Quali sono i tuoi soggetti preferiti e perché?

Dai miei scatti emerge una passione per i paesaggi urbani spesso privi della presenza umana; amo moltissimo il bianco e nero forse perché l’occhio non viene attirato da macchie di colore e lo prediligo per le foto urbanistiche. Mi piace molto il gioco di luci e ombre del mio Centro Storico, ci sono quei chiari scuri che si ritrovano spesso nelle mie fotografie; Genova è capace di donare scorci meravigliosi con lame di luce che fendono i vicoli alti e stretti.
Ma adoro anche i colori che sa dare una città di mare come la Superba.
Amo fotografare gli amici, spesso a loro insaputa per poi chiedermi, mentre le guardano attraverso il display della macchina, chiedermi quando le ho scattate. Mi piace farlo per ritrarli nella naturalezza del quotidiano, spontanei come non sarebbero se fossero davanti all’obiettivo.
Un altro soggetto preferito sono le statue dei Cimiteri Monumentali; a questo proposito sto preparando una mostra fotografica, purtroppo non saranno presenti foto del progetto nella panoramica dei miei scatti.
Sono poi dietro a un progetto su me stesso, sulle imperfezioni del mio corpo. So che sembra sconveniente, ma vorrei riproporlo anche alle persone che sono attorno a me. Non amo la postproduzione a livello estremo come nelle foto di moda, lo faccio in maniera moderata per quanto riguarda le fotografie di paesaggio urbano e non. Ma le persone sono quelle che sono anche per le loro imperfezioni e cicatrici. Per questo vorrei avere la possibilità di fare un progetto su di loro.

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Domina uno spiccato senso di geometria e composizione nelle tue immagini, soprattutto per quanto riguarda quelle estratte dal contesto urbano. Quanto importante è l’istinto e quanto invece la tecnica nella realizzazione di una buona immagine?

La tecnica è fondamentale. Ma io non mi ritengo un tecnico della fotografia. Non ho mai fatto un corso base o anche avanzato, quello che ho imparato lo devo a mio padre e agli amici che scattano foto con me. Internet poi è una fonte infinita di corsi, spunti e esercitazioni interessanti. Quando scatto cerco di stare attento all’inquadratura, ma spesso mi accorgo degli oggetti che entrano nel mirino solo quando ho premuto il pulsante di scatto.
Ho imparato nell’ultimo anno a scattare meno, ma scattare meglio. Ho iniziato un corso sul fotogiornalismo a Milano lo scorso anno, purtroppo per motivi di lavoro non sono riuscito a concluderlo. Ma ho imparato molte cose, cose che non sapevo sulla fotografia di reportage.
Mi accorgo molto spesso di scattare più con l’istinto: quando vedo un angolo di città che mi attira lo fotografo subito. Cambio poco l’inquadratura perché se mi ha colpito la prima volta mi dico di insistere sulla stessa. Forse alle volte dovrei usare un po’ di più la tecnica per scattare, ma il cuore è più forte. Credo che la via di mezzo sia la via migliore: una buona tecnica senza cuore serve poco. Se il fine della fotografia è trasmettere qualcosa che vada oltre il dire: “è una foto scattata bene”.
Ci vogliono cuore e istinto. Quella parte di noi che si emoziona scattando emozionerà anche le persone che guarderanno quelle foto.

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L’arte perduta dell’artigiano rilegatore: intervista a Christian Sartirana

12009817_904567786285745_191302505574587535_nCiao Christian, è un piacere averti ospite qui fra le pagine virtuali di Kipple Officina Libraria. Ti andrebbe di iniziare presentandoti?

Grazie a te! È davvero un piacere poter scambiare due chiacchiere “librarie”.
Allora… Mi chiamo Christian Sartirana, ho 32 anni e vivo a Casale Monferrato, nella provincia di Alessandria. Lavoro come artigiano rilegatore, insieme alla mia compagna Francesca con la quale condivido la passione per la carta. Sono anche un appassionato di libri antichi e di letteratura.

Quale percorso ti ha portato all’attività che fai oggi?

Naturalmente l’amore per i libri e le storie. Sin da bambino collezionavo libri sugli animali e amavo le storie di fantasmi. La semplice vista di un libro, o semplicemente di un malloppone di carta scritta, mi ha sempre stimolato molto. Ho cominciato questo mio rapporto con i libri dapprima semplicemente sfogliandoli, poi leggendoli, e successivamente, intorno ai 19 anni, ho cominciato a scrivere delle mie storie. Intorno ai ventidue anni ho cominciato a frequentare i mercatini delle pulci, dove acquistavo libri vecchi, poi all’età di 26 anni ho aperto una mia piccola libreria di testi usati e antichi (il BOOK CEMETERY) con annesso laboratorio di rilegatoria (attività della quale ha cominciato ad occuparsi la mia compagna). Pochi anni dopo purtroppo (falciato dalle spese) ho dovuto chiudere la piccola libreria, ed è rimasta solo la legatoria. Ho così cominciato (volevo già farlo prima, ma con il negozio non ne avevo mai avuto il tempo) a provarmi nella costruzione di piccoli quaderni, imparando le tecniche base della legatoria dalla mia compagna che a sua volta aveva imparato le basi del mestiere da un vecchio rilegatore in pensione. Con il passare degli anni, ho migliorato la tecnica e ne ho sperimentatone di nuove, perfezionando sempre di più i miei manufatti.

1923792_1684921385056119_694406043381360593_nQuale valore aggiunto credi possa apportare la copertina giusta a un libro?

Beh, prendersi cura di un libro, ritengo racchiuda molti concetti significativi. Innanzitutto la salvaguardia dei testi, cosa che ormai oggi nessuno fa più dato che compriamo roba scadente per poi buttarla via poco dopo e comprarne dell’altra. I libri che acquistiamo oggi, ad esempio, a parte la carta e i materiali di bassa qualità, sono rilegati in modo dozzinale e veloce. La bellezza di un libro, il fascino della sua meccanica, la sua resistenza nel tempo, sono concetti ormai dimenticati. Eppure un tempo erano molto in voga. Attraverso l’aspetto di una copertina e la consistenza della carta, si possono scorgere le preferenze estetiche di un’epoca, quindi la sua personalità. Un libro insomma era un bene prezioso e andava curato, perché si mantenesse nel tempo.
Scegliere la copertina adatta ad un libro è sicuramente un aspetto fondamentale di un’opera vista nel suo insieme. La copertina è la prima cosa che ci attira verso quel testo, specie quando non conosciamo l’autore. Ci da un’idea sulla natura di quanto troveremo tra quelle pagine. In senso artistico, invece, una copertina studiata (non esclusivamente ai fini del marketing), da non solo valore al testo, ma al libro in sé come oggetto. In un libro, per quanto molti lo ignorino, c’è una fine e complessa meccanica. Deve aprirsi in un certo modo, rimanere chiuso in un altro, il dorso deve avere il giusto respiro, ecc. Un artigiano poi, disegnando e poi creando la copertina per un dato testo, ne offre un’ulteriore lettura (sempre che prima sia sia preso la briga di legger il libro) e a attraverso la sua personale arte rilegge l’opera da un punto di vista visivo.
Al di là di questo, poi, c’è anche il valore economico. Certo, quando si tratta di tomi rari, è sempre meglio avere il volume nelle sue condizioni originali piuttosto che rimaneggiate, eppure mi è capitato più volte di trovare lavori di rilegatori del passato molto più affascinanti dei volumi originali stessi. In ogni modo una legatura artigianale aumenta il valore del volume e lo rende unico.

11695839_1641483312733260_7596526002998808464_nCi descriveresti quali sono normalmente le fasi di realizzazione di un tuo prodotto?

Allora il lavoro del mio laboratorio si divide in due fasce. C’è la fascia che riguarda la creazione di prodotti di legatoria, quindi quaderni bianchi, album da disegno, agende, taccuini, album foto personalizzati ecc. Poi c’è la parte della riparazione e del restauro conservativo.
Se devo riparare o personalizzare un libro già esistente nel senso fisico del termine, devo solo lavorare sulle pagine staccate o sulla copertina. Se invece devo realizzare un prodotto da zero ci sono varie operazioni.
Prima di tutto scelgo la carta che acquisto da rivenditori specializzati. Attraverso un macchinario adatto la taglio della misura che voglio, poi creo l’interno del libro piegando i fogli nel modo corretto e cucendoli (a mano) l’uno all’altro. Vi sono molte cuciture diverse, per aspetto e funzionalità. Basta scegliere la più adatta al libro che si sceglie di realizzare. Una volta cucito il blocco, saldo bene il tutto con della colla da legatoria, inserisco i capitelli, oppure li si cuce direttamente a mano a seconda delle esigenze, dopodiché lascio asciugare.
Successivamente si tagliano i cartoni per realizzare i piatti della copertina e lì il tutto varia a seconda di quello che hai in mente. Puoi farlo sottile, spesso, liscio, o intarsiato. Qui non rientrano soltanto le discipline legate alla legatoria, ma anche alla lavorazione del cuoio, all’intaglio del cartone o del legno. Le abilità artigiane che puoi sfruttare sono parecchie. Io ad esempio ho dovuto imparare a cucire, a capire il meccanismo di cinghie e fibbie per poter realizzare delle chiusure funzionali, oltre che belle da vedere. C’è anche la decorazione della carta. La famosa carta marmorizzata, ovvero dipinta sull’acqua con colori ad olio o acrilici. Diciamo insomma che il campo è molto vasto e versatile al contempo.
Poi una volta scelta la forma della copertina si passa al materiale per rivestirla, quindi tela, carta, pelle (per la pelle uso sempre scarti di vecchie giacche comprate nei mercatini, salvaguardiamo il più possibile animali e natura) e tanti altri materiali. Finita la copertina la 11026002_801256389950219_7697066642494289886_nsi prova sul libro, si controlla che gli spazi siano giusti, dopodiché si passa ad incassare il libro (ovvero attaccare il volume alla sua copertina). Lo si pressa, si controlla che tutto sia venuto bene, che delle pagine non si siano incollate in modo dannoso, che si apra e si chiuda senza difficoltà. Poi lo lasci asciugare sotto peso. Ed ecco il tuo pezzo. Chiaramente la lavorazione di un volume, a seconda di quello che hai in mente, può variare dalle poche ore a dei giorni.

Quali sono le opere di cui vai maggiormente orgoglioso?

Ho realizzato una mia bella versione del Testo di R L’yeh tratto dalle opere di H.P. Lovecraft (copertina con pagine bianche. Purtroppo o per fortuna certi grimori non esistono) che mi piaceva molto e che è stato venduto e poi anche una versione del De Vermis Mysteriis che ho ancora. Ho realizzato anche un bel quaderno personalizzato per l’artista contemporaneo Roberto Paparella all’interno del quale so che adesso sta trascrivendo i progetti delle sue future esposizioni di arte criminologica.
Un pezzo che mi entusiasma particolarmente però è sicuramente il mio ultimo volume con i racconti di Poe. Solo a vederlo, mi vien voglia di avere un camino in salotto, una poltrona comoda e un gruppetto di ragazzini disposti a semicerchio su un tappeto a cui leggere una storia. O forse sarebbe ancora meglio tornare ragazzino e riscoprire Poe per la prima volta attraverso un testo come quello. Credo che se avessi visto una cosa del genere da bambino, sarei impazzito per l’eccitazione.

10441417_803517766390748_7022314499897766346_nQuali sono i tuoi progetti futuri?

Sia io che la mia compagna vorremmo sviluppare sempre di più questa nostra passione/lavoro e integrarla via via con nuove tecniche e mescolarle con altre discipline artistiche, in maniera tale da offrire un prodotto sempre più elaborato e completo. Ci piacerebbe molto riportare la cultura perduta non solo dell’unicità del libro, ma anche dell’utilizzo del quaderno con i suoi semplici fogli bianchi, che possono contenere di tutto, dai pensieri, ai disegni, agli appunti, a storie intere. Insomma molti non lo sanno, ma dentro ad un oggetto simile c’è un mondo forse ancora più grande di internet e non lo dico perché sono contro la tecnologia (uso l’email facebook e tutto il resto) ma perché ritengo che la vita, l’evoluzione e quindi il futuro della civiltà debbano avanzare arricchendosi di mezzi e contenuti, e non impoverendosi, consumando e buttando via. Imparando questo concetto (e l’artigianato ha il potere di farti provare questo brivido) si vivrà in modo più felice e sano.

Ti andrebbe di fornirci tutti i link utili a seguire le tue attività?

Certo! C’è la nostra pagina Facebook BOOK CEMETERY LEGATRIA CREATIVA https://www.facebook.com/Book-Cemetery-Legatoria-Creativa-1641462356068689/?fref=ts che gestiamo come se fosse un sito e all’interno della quale ci sono le foto dei nostri lavori, le date delle fiere alle quali partecipiamo, e dove, chiaramente, potete acquistare i nostri prodotti, commissionarci dei lavori, o naturalmente farci tutte le domande che volete.

Grazie mille per la chiacchierata Roberto. È stato davvero piacevole.
A presto!

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422 libri d’arte da scaricare gratuitamente

Sono oltre 400 i libri d’arte che il Metropolitan Museum of Art (Met) ha deciso di distribuire online gratuitamente, con lo scopo di incoraggiare la diffusione della cultura nel mondo. Il catalogo include oltre cinquant’anni di pubblicazioni che trattano l’arte da diversi punti di vista, offrendo un’immensa risorsa di studio che spazia da Leonardo da Vinci a Van Gogh. Per accedervi basta cliccare qui.

 

La bellissima mappa della letteratura di Martin Vargic

Martin Vargic, artista diciassettenne slovacco, crea intricate mappe derivate da elementi di cultura pop. Una delle sue opere, intitolata The Map of Literature, contenuta all’interno del suo libro Vargic’s Miscellany of Curious Maps: Mapping out the Modern World, ha lo scopo di mostrare l’evoluzione della letteratura e dei suoi tantissimi generi nel corso dei secoli. il risultato, frutto di tre settimane di lavoro intenso – l’artista dichiara di aver lavorato fino a quindici ore al giorno per realizzarla – è davvero notevole. Ve lo proponiamo qui sotto.